Ma come si riesce, a partire dai petali (rosa), dalle foglie (eucalipto), dal legno (sandalo), dalla scorza dei frutti (limone), dai semi (cumino), dalle radici (sassofrasso), dai rizomi (ginepro), dalla resina (pino, incenso)… a ottenere un olio essenziale?!
I vari metodi a nostra disposizione si contraddistinguono per la di erente resa sia qualitativa che quantitativa.
La spremitura a freddo
Questo metodo riguarda gli oli essenziali della buccia dei frutti, come nel caso degli agrumi quali limone, arancio, mandarino, che contengono la maggior quantità di essenze in aree superficiali, cioè nelle scorze. Oggi ci sono delle macchine molto sofisticate (torchi o presse idrauliche) che eseguono contemporaneamente la spremitura degli agrumi e l’estrazione delle essenze dalle scorze. Questo metodo da un lato è preferibile agli altri, perché non sottopone a trattamenti chimici o termici il vegetale, dall’altro necessita di garanzie sulla sua provenienza, perché l’olio essenziale può risultare contaminato da eventuali sostanze presenti sulla superficie della pianta.
La distillazione a vapore
Il vegetale da distillare, ad es. lavanda, menta ecc., viene posizionato in contenitori di acciaio inox. Il vapore prodotto da una caldaia indipendente viene fatto passare dal basso verso l’alto in questi contenitori, in modo che penetri nei tessuti delle piante e liberi gli oli essenziali. Il vapore viene poi raccolto e raffreddato attraverso una serpentina. Convogliato in un contenitore più grande, l’olio essenziale, più leggero, si separa dal vapore acqueo condensato in acqua.
Alcuni vegetali vanno fatti prima essiccare, in quanto freschi non presentano olio (ad esempio l’iris). Per alcune piante, invece, la distillazione deve essere effettuata immediatamente dopo la raccolta altrimenti, nel giro di un giorno o due, si dimezza la quantità di olio essenziale.
La distillazione in corrente di vapore è usata per la maggior parte delle piante aromatiche: cannella, origano, chiodi di garofano, lavanda, issopo, geranio, menta, basilico, rosmarino, timo, salvia, sandalo, ylang ylang, finocchio, cipresso, ginepro ecc. e si riserva per quegli oli essenziali poco idrosolubili e i cui costituenti non vengono alterati dal calore.
Dato che l’olio essenziale si separa dal vapore acqueo con il raffreddamento, si ottiene un “sottoprodotto”della distillazione: le acque aromatiche o idrolati. In realtà l’acqua distillata, idrolato o acqua floreale che dir si voglia, è impregnata di olio essenziale (meno del 5%) e di altri principi attivi idrosolubili generalmente non presenti negli oli essenziali, per questo motivo gli idrolati possono avere e etti terapeutici molto validi e interessanti. Gli idrolati racchiudono l’aroma della pianta in una forma meno definita rispetto all’olio essenziale, ma pur sempre e cace. La pelle gode dei loro e etti benefici: per lavaggi ai neonati, per toni care la cute del viso, per l’igiene intima, per rinfrescarsi durante i viaggi, per rinfrescare gli ammalati, per frizionare il cuoio capelluto, per sciacquare la bocca, per bagni oculari… e non solo.
Come assumere gli idrolati per via interna? Diluire un paio di cucchiai di idrolati, ad es. acqua di rose o acqua di ginepro, in una bottiglia di acqua minerale (possibilmente a bassa conducibilità elettrica) e bere durante la giornata.
Quanta acqua dovresti bere durante la giornata? Come minimo dovresti bere 30 ml di acqua per ogni kg di peso corporeo. Se pesi 60 kg 30 x 60 = 1,800 l. Se bevi di più è meglio.
Altri metodi
Nella distillazione sottovuoto l’anidride carbonica (CO2) in condizioni supercritiche (pressione e temperatura per cui essa assume uno stato indistinto tra fase vapore e fase liquida) permette una migliore penetrazione e estrazione delle essenze.
La distillazione molecolare è un sistema speciale che permette attraverso alte pressioni di distillare a secco sostanze molto viscose e certe frazioni degli o.e. ricercate per la cosmetica o per i farmaci.
L’estrazione con solventi è utilizzata in due casi: nel caso di piante e ori che non rilasciano olio essenziale con l’estrazione a vapore, a livello industriale per produrre maggiori quantità di olio essenziale. Nell’estrazione con solventi l’essenza si chiama assoluta e non olio essenziale, l’assoluta è sconsigliata per uso interno, poiché potrebbe contenere qualche traccia o comunque la “memoria” del solvente (estrazione con alcool nel caso di vaniglia, benzoino ecc.).
Una volta esistevano anche metodi più artigianali e poco e caci come l’enfeurage (in orazione), in cui su delle super ci coperte di grasso (ad esem- pio grasso di maiale) si depositava uno strato di ori o di erbe che avrebbero ceduto il loro aroma al grasso sottostante. In seguito la sostanza grassa veniva separata dall’essenza pura.
Talvolta nell’industria cosmetica gli o.e. sono estratti con solventi velenosi come il benzene o l’Hexan e altri, attraverso i quali si ottiene una maggiore quantità di estratto. Per separare il solvente dall’essenza esso viene quindi fatto evaporare. Purtroppo ne rimangono sempre tracce nell’o.e., per cui l’uso è sconsigliabile in particolare per via orale.
Bisogna sempre preferire gli o.e. estratti a vapore a bassa pressione o pressati a freddo da case che effettuano il controllo di qualità del loro prodotto.